Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli edita da I Buoni Cugini Editori di Ivo Tiberio Ginevra

Tutti i romanzi di Luigi Natoli

1907 - Calvello il bastardo - grande romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1907 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930 riveduto e corretto dall'autore.
1908 - I Cavalieri della Stella - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1908.
1909 - I Beati Paoli ovvero i Misteri dei sotterranei di Palermo - grande romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1909/1910, con la casa Editrice La Gutemberg nel 1931.
1910 - Il Paggio della regina Bianca - romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1910 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1921.
1911 - Il Vespro Siciliano - grande romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1911 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1915, rifatto, aggiunto e ampliato dall'autore.
1911 - Gli Ultimi Saraceni - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1911/1912.
1913 - La principessa ladra - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1913 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1914 - Cagliostro e le sue avventure - romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1914 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1914 - Alla guerra! - romanzo storico contemporaneo, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1914/1915.
1914 - Coriolano della Floresta – seguito ai Beati Paoli, pubblicato con la casa Editrice La Gutemberg nel 1914.
1920 - La dama tragica - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1920/1921 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1921 - Latini e catalani vol I - Mastro Bertuchello - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1921 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1925.
1922 - Latini e catalani vol. II - Il Tesoro dei Ventimiglia - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1922 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1925.
1923 - Fra Diego La Matina – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1923 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1924.
1924 - Squarcialupo – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1924.
1925 - Viva l’Imperatore – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1925.
1926 - I mille e un duelli del bel Torralba – pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1926.
1929 - L’abate Meli – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1929.
1930 - Braccio di Ferro Avventure di un carbonaro – romanzo storico siciliano, pubblicato con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1931 - I morti tornano... – pubblicato sul Giornale di Sicilia nel 1931.
1932 - Gli Schiavi – romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1932 e con la casa Editrice Sonzogno nel 1936.
1932 - Ferrazzano – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1932/1933.
1936 - Fioravante e Rizzeri – pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1936/1937.
1938 - Il Capitan Terrore – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1938.
Nelle biografie ufficiali di Luigi Natoli vengono riportati i seguenti romanzi:Chi l’uccise? – breve romanzo storico siciliano, di cui noi al momento non abbiamo trovato traccia sul Giornale di Sicilia o presso altri editori. Ci risulta pubblicato dopo la morte dello scrittore dalla casa editrice La Madonnina nel 1951.
Rosso l’avventuriero – romanzo di cui al momento non abbiamo trovato nulla, né sul Giornale di Sicilia né altrove, ivi comprese le “pubblicazioni postume” della casa editrice La Madonnina.
I Buoni Cugini editori di Ivo Tiberio Ginevra

Il Castello di Geraci Siculo

Il Castello di Geraci Siculo, abitazione di Francesco Ventimiglia, di cui oggi rimangono soltanto i resti. E’ ubicato sopra una roccia e da lì domina il paese di Geraci. E’ ritenuto la prima costruzione creata per difendere i vasti domini dei conti di Geraci. La posizione era infatti inaccessibile, in quanto da Nord Est e Sud il castello aveva le difese naturali, e nei luoghi in cui la roccia era meno impervia erano state create le mura. Ad Ovest vi era il sentiero, che giungeva dinanzi la spianata del ponte levatoio. Una volta tirato su, il fossato rendeva inaccessibile l’ingresso. L’ambiente interno era di tipo militare e non offriva alcun lusso. Dava la disponibilità di ospitare molte guarnigioni ed era possibile resistere a lunghi assalti. Nel sottosuolo si trovavano le provviste alimentari, le cisterne di acqua e le prigioni. Al pianterreno vi erano le scuderie, le cucine, le sale delle armi, i forni, i locali per i Vassalli e gli armigeri e sui muri vi erano le feritoie per la difesa del castello. Al piano superiore viveva la famiglia del Conte e si trovavano inoltre le stanze dei Consigli. I muri erano merlati, come si può vedere dai pochi resti tutt’oggi esistenti. Nella corte vi era una piccola porta, alla quale si arrivava grazie ad un corridoio segreto con ingresso che dal fossato portava alla spianata del castello. Un altro sotterraneo portava alla Chiesa di S. Bartolomeo, fuori dalle mura del Castello (dove Luigi Natoli nasconde il tesoro nel Romanzo Il Tesoro dei Ventimiglia – Flaccovio Editore – www.flaccovio.com). Si presume che la costruzione risalga al periodo greco-bizantino, e questo è testimoniato dalla presenza di una finestra moresca ancora esistente, fu trasformato poi dai Normanni secondo le loro esigenze difensive e con i Ventimiglia divenne poi una vera e propria fortezza. Ma nell’anno 1337, proprio l’epoca del Romanzo Mastro Bertuchello, Francesco I Ventimiglia fu accusato di tradimento al Re Pietro d’Aragona poiché non aveva partecipato ai Parlamenti ordinati dallo stesso. Il monarca, con la regia delle famiglie Chiaramonte e Palizzi, attaccò Geraci che cadde grazie alla collaborazione dei geracesi, i quali, essendo contrari all’atteggiamento del Conte loro benefattore, aprirono le porte della città ai nemici. Il Conte perse la vita cercando di fuggire: secondo alcune teorie morì cadendo da una rupe con il suo cavallo, (così racconta Luigi Natoli nel romanzo Mastro Bertuchello) rupe che corrisponde oggi al vicolo Mandolilla, secondo altri fu ucciso dal Conte Valguarnera il quale, dopo averlo ferito, lo consegnò ai soldati che fecero strage del suo corpo. Questo fatto avvenne il 3 febbraio 1338 e fu narrato dai cantastorie con i tristi versi “Casteddu di Jraci Malidittu – Rocca vistuta di Sangu e di Luttu” (così cantava Serena con voce lugubre, prigioniera nella torre di Damiano Palizzi, nel romanzo Mastro Bertuchello di Luigi Natoli). Oggi del Castello dei Ventimiglia non resta quasi più nulla: soltanto qualche resto delle torri, le aperture delle feritoie, la finestra moresca, gli archi dei passaggi sotterranei e le cisterne vuote. Alcune di esse piene di rifiuti. E pensare che in esse Natoli aveva nascosto il favoloso tesoro dei Ventimiglia!
Rimane intatta invece la chiesetta di S. Anna, adiacente al Castello, dove una volta il venerava il teschio della Santa adesso ubicato nel Castello di Castelbuono, che faceva parte allora dei feudi dei Ventimiglia.

Palazzo Steri

Anno 1320

dal Romanzo Mastro Bertuchello all’epoca del romanzo ancora in costruzione ..”Ma lì, dinanzi a quella mole superba che già giganteggiava come segno visibile della potenza dei Chiaramonte, mastro Bertuchello rievocava la catastrofe del suo signore. I Chiaramonte erano stati i più fieri nemici del conte di Geraci; ma forse non avevano avuto torto”

Da - Il Tesoro dei Ventimiglia

“Allora l’ingresso non era quello sconcio portone che vi fu aperto quando il nobile palazzo cadde in mano agli Inquisitori del Sant’Officio e che ancora si vede. L’ingresso era dal lato meridionale, dalla parte della Dogana, forse dove sono ora quegli ignobili antri per il servizio di questa amministrazione. Aveva dinanzi un vasto piano, che da un lato era chiuso dalla Chiesa di S. Antonio e da vigne, dall’altro dalle mura del vecchio quartiere della Kalsa, ancora esistente sebbene qua e là rotto da strade appena tracciate. La scala ascendeva da un ampio vestibolo, che immetteva nella corte per un’ampia arcata. La corte era a doppio ordine di portici, che durano ancora, ma non tutte le ali erano terminate; né ancora decorato di dipinti il soffitto del grande salone del piano superiore. Aveva le pareti coperte di armature e di armi disposte in bell’ordine; di bandiere, di arazzi che portavano in mezzo lo scudo dei Chiaramonte, rosso con tre monti d’argento” –

Quartiere della Loggia

dove abitava Messer Puccio e dove si travavano i fondachi e i banchi dei mercanti pisani e genovesi residenti a Palermo. Si estende tutt’oggi dalla zona del porto di Palermo fino alla via Roma. In esso si trovano monumenti e chiese molto importanti tra cui il famoso Oratorio di S. Cita e la relativa Chiesa. E' ubicato nel centro storico della città di Palermo, tra la via Roma e il mare. In esso si trovano cinque preziosi monumenti, detti appunto "I Tesori della Loggia" e cioè: l'Oratorio del SS. Rosario in S. Domenico, l'Oratorio del SS. Rosario in S. Cita, la Chiesa di S. Cita, la Chiesa di S. Giorgio dei Genovesi, la Chiesa di S. Maria in Valverde.

La Chiesa di S. Domenico

Ubicata in Piazza S. Domenico, lungo la Via Roma.La chiesa venne edificata nel 1458 ed il 1480 in stile rinascimentale, ma la configurazione attuale è più recente, dipende dalla ricostruzione totale che la chiesa ebbe nel 1640 da parte dell'architetto Andrea Cirrincione, la facciata invece venne costruita più tardi, nel 1726. Nel 1853 la chiesa divenne il patheon dei siciliani illustri che iniziarono a farsi seppellire al suo interno, la sua accresciuta importanza era anche dovuta al taglio di via Roma che incluse la Piazza San Domenico. Recentemente la chiesa ha subito un profondo restauro che ha riportato alla luce i colori originali. Il 4 settembre 1982 si tennero nella chiesa i funerali del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.Lo stile è tipicamente barocco scenografico, il frontone è costellato da due alti campanili, sulla facciata sono inoltre presenti molte statue in stucco che raffigurano santi e papi, alcune di queste inserite in nicchie, queste statue sono opera del nipote di Giacomo Serpotta, Giovan Maria Serpotta. Sempre sulla facciata sono presenti dodici colonne, disposte a coppie, otto di queste incorniciano la zona centrale e l'ingresso, le altre quattro sono poste alla base dei campanili. L'interno è molto ampio ed austero in pietra di Billiemi e all'interno sono conservate alcune importanti opere d'arte del periodo barocco posizionate all'interno di nicchie. Sono presenti otto colonne per lato, in stile tuscanico, che dividono le tre navate secondo uno schema classico. Per estensione è una delle più grandi chiese della Sicilia.

Il Convento della Martorana

..”Se ne andò al Monastero, che dal nome della fondatrice Luisa Martorana, aveva derivato il suo, durato attraverso i secoli e rimasto tutt’ora alla chiesa di S. Giorgio Antiocheno, che fu aggregata poi al Monastero. L’antica porta era dalla parte della odierna via dei Calderai. Chi vide il Monastero prima che subisse le radicali trasformazioni per adattarlo a scuola d’applicazione, ricorda in un andito le finestre con la doppia grata indorata dell’antico parlatorio, rimaste nel corpo dell’edificio quando esso fu ingrandito e modificato per il taglio della Via Maqueda. Allora il parlatorio era piccolo e buio, aveva il soffitto a travi sulle cui mensole erano dipinti gli stemmi dei Mastrangelo e dei Martorana” – Il Tesoro dei Ventimiglia

Palazzo Sclafani

di Messer Matteo Sclafani, conte di Adernò...”rivale anche lui dei Chiaramonte, per umiliare i quali aveva quell’anno costruito in Palermo un superbo palazzo ai confini del quartiere della Kalsa, che ancora oggi si ammira” – Mastro Bertuchello - Flaccovio Editore – "Ma di questa gara rimase esempio il palazzo. Per deridere e mortificare i Chiaramonte, che da trent’anni circa attendevano alla costruzione dello Steri (fu cominciato verso il 1305), Matteo Sclafani costruì il suo in un anno e una lapide sincrona, esistente fino al Settecento e riportata dagli storiografi di quei tempi, attestava il miracolo. Strano destino: i soli palazzi trecenteschi di Palermo rimasti integri nella loro massa, se non intatti, sono appunto lo Steri dei Chiaramonte e il palazzo dello Sclafani” – Il tesoro dei Ventimiglia

Luigi Natoli - Le Opere

venerdì 10 ottobre 2014

Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli edita da I Buoni Cugini Editori di Ivo Tiberio Ginevra

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